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Fascismo e Nazismo a confronto

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    CITAZIONE
    Cosa sono il Fascismo e il Nazismo? In quali circostanze sono nati? Quali effetti hanno avuto sulla società odierna? Queste e tante altre domande si sono susseguite nel corso degli anni, circa gli avvenimenti politici e sociali che hanno cambiato interamente l'assetto italiano e tedesco.
    Mettendo queste due dittature a confronto non si cerca di riutilizzare argomenti ampiamente trattati in tutti i libri di storia moderna, bensì realizzare un sunto della situazione di allora, tale da rendere più comprensibile quella visione d'insieme utile ad entrare nelle realtà sociali, culturali e ideologiche ad esse connesse. Entrambe le dittature hanno lasciato un'eredità notevole ai posteri non solo da un punto di vista della documentazione storiografica, ma anche e soprattutto nelle manifestazioni di pensiero che coinvolgono l'Europa, a partire dall'insegnamento scolastico e finendo alle propagande politiche, senza dimenticare né i cortei pacifici né le rappresaglie ben più violente. Per entrare nel lungo tunnel storico che ha collegato queste due dittature, fascismo e nazismo, è importante ripercorrerne date, luoghi e personaggi e solo dopo studiarne, nel possibile, gli esiti. E ciò sarà fatto attraverso un'introduzione della materia, un excursus più approfondito degli avvenimenti storici, un'analisi concisa e dettagliata che si avvale di fonti attendibili e una conclusione che, in fondo, non pretende di consegnare al lettore una "risposta", bensì una "riflessione".

    INTRODUZIONE


    Questo elaborato si prefigge di mettere a confronto due istituzioni politiche del secolo scorso quali
    sono state il Fascismo in Italia e il Nazionalsocialismo in Germania.
    Da sempre argomento dibattuto in ogni ambito, entrambe le dittature non coinvolsero soltanto la
    vita politica del tempo, ma anche tutte le realtà sociali, culturali e ideologiche ad esse connesse,
    condizionando prima la storia italiana e tedesca, poi quella europea e mondiale degli anni a venire.
    Entrambe le dittature hanno lasciato un'eredità notevole ai posteri non solo da un punto di vista
    della documentazione storiografica, ma proprio nelle manifestazioni di pensiero che coinvolgono la
    Res Publica europea, a partire dalle mura scolastiche finendo agli scontri armati di piazza.
    Per entrare nel lungo tunnel storico che ha collegato queste due dittature, è importante partire dalla
    ricerca di cosa le abbia originate e solo dopo studiarne, nel possibile, la portata.
    Pertanto saranno citati man mano alcuni approfondimenti volti a conoscere meglio i diversi aspetti
    delle due dittature; in particolare verranno menzionati degli estratti di documenti originali, come
    pure discorsi, trattati e normative ufficiali, sempre preziosi e facilmente consultabili.
    L'obiettivo principale è quello di determinare le analogie e le differenze tra Fascismo e Nazismo
    analizzandone la politica interna, la visione economica, la strategia militare, l'ideologia razzista, il
    coinvolgimento delle masse e la censura della stampa, spingendo ad una riflessione sulla nascita
    della società delle comunicazioni, sull’uso dei media come strumento di manipolazione delle masse
    e sui concetti di tolleranza e diversità, attuali oggi più che mai.
    Anche la letteratura e il cinema hanno attinto moltissimo dalla storia dell'epoca, fornendo uno
    sguardo d'insieme, talvolta romanzato, talvolta crudo e realistico, della vita quotidiana di coloro che
    vivevano gli anni Venti, Trenta e Quaranta senza sapere quale futuro avrebbe atteso loro.
    Ma al fine di descrivere al meglio queste fasi, è bene tornare alla storiografia ufficiale ed utilizzare
    alcune importanti fonti che offrano una visione più ricca e critica dell'insieme. La vastità di
    materiale a disposizione, come accennato poc'anzi, è abbondante ed eterogenea, tuttavia si è scelto
    di segnalare alcuni testi per diverse caratteristiche che saranno esplicate in seguito.
    I testi in questione sono: Lavorare in funzione del Führer: riflessioni sulla natura della dittatura di
    Hitler, di I. Kershaw, che affronta i grandi temi e dibattiti relativi al nazismo, compreso l'Olocausto,
    la leadership hitleriana, la politica estera e le conseguenze che questa ebbe in Germania con un
    linguaggio moderno e autorevole; Roberto Michels e l'ideologia del fascismo di J. Gregor, dal
    complesso corpus articolato che difende l'integrità politica, morale ed intellettuale del regime
    mussoliniano, la cui guida carismatica doveva infondere nelle masse l'entusiasmo per una "grande
    missione", unita alla formazione di un partito intransigente animato da scopi rivoluzionari; infine
    Fascismo e Nazismo di G. Sarubbi, che illustra esaustivamente le origini, le dinamiche e le
    conseguenze dei due regimi sulla società di allora e su quella di oggi rinnegandone in toto i valori
    ma spiegandone esaustivamente le implicazioni dagli anni '80 alla cronaca odierna.

    BACKGROUND


    Il Novecento, dunque, è stato certamente un secolo di scoperte, di avanguardie e di cambiamenti,
    ma soprattutto di rivoluzioni e di guerre, alle quali i libri di storia di tutte le scuole dedicano discrete
    quantità di pagine. È forse superfluo, ma non inutile, ricordare che, per portata politico-territoriale,
    sono state le due guerre mondiali, in particolar modo la prima, a gettare le basi per uno degli
    avvenimenti più interessanti e controversi del secolo scorso: la quasi simultaneità della nascita di tre
    grandi dittature. Naturalmente si parla di quella comunista in Russia, di quella fascista in Italia e di
    quella nazista in Germania, che conquistarono il potere rispettivamente nel 1917, nel 1922 e nel
    1933. È importante introdurre anche la dittatura comunista, poichè essa, precedendo di pochi anni le
    altre due, ha fatto ritenere ad alcuni storici che tanto il fascismo quanto il nazionalsocialismo siano
    stati una naturale conseguenza della vittoria del comunismo di Lenin in Russia, il cui definitivo
    assetto istituzionale fu raggiunto nel dicembre del 1922 con la nascita dell’URSS. In realtà le tre
    dittature nacquero per cause legate alla storia dei singoli Paesi d'origine e la stessa definizione di
    totalitarismo - spesso considerata comprensiva di tutte e tre le dittature - si riferisce soltanto ai loro
    aspetti comuni, come la mancanza di libertà personale o sociale e la persecuzione degli oppositori
    politici. Sul piano economico, invece, ebbero profonde differenze: in Russia prese piede il sistema
    del comunismo, all'epoca forte della confisca e della distribuzione delle terre ai contadini, mentre in
    Italia e in Germania rimase solido il sistema del capitalismo. Probabilmente tutte e tre si
    orientarono, nelle intenzioni iniziali, verso la realizzazione dell'Homo Novus, eppure, tutte e tre
    nonostante in contesti politicamente e socialmente diversi, furono inevitabilmente destinate al
    fallimento.
    La caduta del muro di Berlino del 1989 ha dato il via ad una nuova fase storica dell’umanità
    caratterizzata da nuove e accese guerre e dal 2001 circa si parla di una nuova “guerra mondiale”
    chiamata “guerra infinita” e purtroppo in corso d'opera. C'è la ricomparsa sulla scena politica di
    forze che fino ad allora erano rimaste marginali tanto in Italia quanto nel resto del mondo; sono
    riapparse formazioni che poco velatamente si richiamavano al fascismo e al nazismo o ne sono sorte
    di nuove che hanno avuto il compito di sdoganare quelle idee e quei princìpi che sembravano essere
    stati debellati con la fine della Seconda Guerra Mondiale. Si sono ripetuti fatti che hanno reso
    inevitabile il parallelismo con quanto già accaduto nel periodo che va dal 1922 al 1945, anni che
    videro l’Europa dominata appunto, da queste istituzioni politiche dall'impostazione dittatoriale.
    Dopo la fine dell’URSS, gli Stati Uniti sono rimasti l’unica superpotenza mondiale che durante la
    Prima Guerra del Golfo del 1990-91 ha acquisito la consapevolezza di poter condurre
    autonomamente nuove guerre sia su più fronti che su scala globale. Fare un confronto con quanto
    successe in Europa tra il 1933 e il 1945, con la Germania unica superpotenza europea esistente è
    quanto mai inevitabile. Dalla Guerra del Golfo in avanti furono usate armi che contenevano uranio
    impoverito che ha avuto pesanti ripercussioni sia sulla popolazione civile sia sui militari: quelle
    stesse armi sono state poi impiegate in Kosovo nel 1999 e in Afghanistan e in Iraq dal 2001 ad oggi.
    Fare questa premessa è fondamentale per aprire nuovamente il dibattito sul fascismo e sul nazismo
    che pare essere tornato in auge non solo in Italia - da quando i vari schieramenti politici abusano di
    termini, similitudini e azioni che richiamano agli anni bui del regime – ma anche sul piano
    internazionale dove pare essere, forse da sempre, un dibattito senza tempo.

    ANALISI


    Ma torniamo un attimo all'intento originale di questo elaborato, ovvero la situazione generale che
    portò alla nascita del Fascismo in Italia e del Nazismo in Germania cominciando in ordine
    cronologico proprio dalla situazione italiana.
    A conclusione della Grande Guerra, l’Italia non ottenne né la Dalmazia né Fiume. Di qui la
    convinzione che quella italiana fosse stata – come viene tuttora ricordata - una «vittoria mutilata». I
    socialisti, dal canto loro, continuavano a ritenere che la guerra avesse avuto un carattere
    imperialistico e fosse stata contraria agli interessi popolari. Essi incolpavano i reduci per la loro
    partecipazione alla guerra e si precludevano così la possibilità di ottenere adesioni tra gli ufficiali,
    che appartenevano alla piccola borghesia e tra i soldati, che erano soprattutto contadini. I
    nazionalisti, a loro volta, ritenevano i socialisti responsabili di aver provocato la sconfitta di
    Caporetto con il loro atteggiamento disfattista. Inoltre, la delegazione italiana alla conferenza per la
    pace di Parigi, guidata da Orlando, non mostrò grandi capacità diplomatiche, tanto che il
    malcontento del parlamento per il modo in cui vennero condotte le trattative da Orlando portò alle
    dimissioni dello stesso e alla nascita, nel giugno del 1919, di un governo guidato da Nitti. Nello
    stesso anno due fatti mutarono il quadro politico italiano: a gennaio Luigi Sturzo fondò il Partito
    popolare italiano (PPI), mentre a marzo Mussolini fondò i Fasci di Combattimento. Il primo
    avvenimento ebbe un’immediata influenza politica, perché alle elezioni che si tennero a novembre il
    PPI si collocò al secondo posto, dopo il PSI, che risultò il primo partito, con oltre il 30% dei voti.
    Gli effetti della nascita dei Fasci di combattimento, invece, non si avvertirono subito, perché il
    movimento fascista inizialmente non acquistò peso politico. Fu D’Annunzio a spostare l'attenzione
    nel mondo intellettuale, candidandosi alla guida della destra italiana ed entrando in Fiume alla testa
    di un corpo di volontari, nel settembre del 1919.
    Gli anni 1919-20 furono definiti «il biennio rosso», perché vi furono molti scioperi e agitazioni; nel
    1919 si ebbero anche violenti moti contro il carovita. Nell’estate del 1920 si verificò l’occupazione
    delle fabbriche, guidata dalla FIOM (Federazione italiana degli operai metalmeccanici) e da un
    gruppo di intellettuali socialisti che si ispiravano all’esperienza sovietica: tra loro c’erano Togliatti e
    Gramsci. Il governo Nitti prima, e il governo Giolitti poi, non intervennero, mentre il PSI mostrava
    di non essere in grado di guidare al successo un movimento rivoluzionario. Nel gennaio del 1921 la
    corrente comunista, guidata da Bordiga, fondò perciò un nuovo partito, il Partito comunista d’Italia.
    Sebbene il movimento rivoluzionario fosse stato bloccato e fosse stata risolta anche la questione di
    Fiume con l’intervento delle truppe italiane, i metodi del governo liberale cominciavano ad apparire
    superati a conservatori e moderati, che guardavano con interesse all’emergere di Benito Mussolini.
    Questi, soprattutto per la modernità dei suoi comportamenti, sembrava in grado di guidare una
    nuova destra, più forte e aggressiva. Egli si proclamava liberista e sosteneva di essere soprattutto a
    favore della produzione. In realtà, fra il 1921 e il 1922, i fascisti intensificarono l’uso della violenza
    mediante lo squadrismo, impossessandosi di molte piazze italiane. Lo Stato liberale sembrava
    incapace di sostenere le pressioni esercitate da destra e sinistra, e la situazione ben presto precipitò.
    Il 31 luglio venne indetto da partiti e sindacati di sinistra uno sciopero contro i metodi dello
    squadrismo fascista. Ma il Partito fondato da Mussolini riuscì a far fallire questa iniziativa. Inoltre,
    Mussolini utilizzò questa circostanza per mostrare l’efficienza del suo partito e la debolezza dello
    Stato. Il 28 ottobre 1922 fece anche marciare le sue squadre su Roma, mentre Vittorio Emanuele III
    rifiutava di firmare il decreto di proclamazione dello stato d’assedio proposto dal primo ministro
    Luigi Facta. Non si conoscono le cause del rifiuto: forse il re temeva che la sinistra si rafforzasse,
    ma lo stesso Mussolini non credeva realmente all’esistenza di un pericolo rivoluzionario. In realtà,
    molti conservatori e moderati, compreso Giolitti, ritenevano che un governo guidato da Mussolini
    avrebbe potuto garantire l’ordine. La marcia su Roma non segnò l’inizio della dittatura. Mussolini,
    infatti, formò un governo di coalizione, in cui entrarono anche i popolari. Nel gennaio del 1923
    istituzionalizzò la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN) agli ordini diretti del
    presidente del consiglio e alla quale aderirono coloro che avevano preso parte allo squadrismo. Il
    governo limitò l’attività delle opposizioni e fece approvare la legge Acerbo che assegnava i 2/3 dei
    seggi alla lista che avesse riportato la maggioranza relativa di voti: nell’aprile del 1924 le elezioni
    furono vinte da un «listone» guidato dai fascisti, grazie anche alle intimidazioni nei confronti degli
    avversari. Il deputato socialista Matteotti denunciò i brogli e le violenze di queste elezioni, ma il 10
    giugno venne rapito e ucciso. Questo episodio rischiò di portare il governo di Mussolini in una
    grave crisi, che venne superata solo grazie al sostegno delle forze moderate e del re.
    Il 3 gennaio 1925, con un duro discorso alla Camera, Mussolini diede l’avvio all’instaurazione della
    dittatura. Nei mesi successivi le opposizioni furono messe a tacere, attraverso il sequestro di
    giornali e lo scioglimento delle associazioni politiche considerate pericolose. Mussolini fece
    approvare dal parlamento delle leggi definite «fascistissime», per rafforzare i poteri del «capo del
    governo». Nel 1926 fu istituito il Tribunale speciale per la difesa dello Stato e una polizia segreta,
    chiamata OVRA, che attuò una politica di repressione e di vigilanza. Nel 1928 fu approvata una
    nuova legge elettorale, che consentì agli elettori di votare soltanto per una lista formata da candidati
    proposti da organizzazioni fasciste. Con la nascita delle Corporazioni (1934), organismi di cui
    facevano parte i rappresentanti dei lavoratori e degli imprenditori, ebbero termine anche le lotte
    sindacali. Mussolini, inoltre, fece in modo che il Partito nazionale fascista non diventasse mai
    abbastanza forte: egli lo considerava, infatti, solo uno strumento di potere personale, privo di
    autonomia.
    Il fascismo sostenne di avere trovato, grazie al corporativismo, una «terza via» tra comunismo e
    capitalismo: in realtà, invece, il corporativismo portò alla soppressione della libertà dei sindacati.
    Sul piano sociale, il governo fascista rafforzò lo stato assistenziale con la creazione, nel 1933,
    dell’Istituto nazionale fascista per la previdenza sociale (INFPS), e riordinò il settore della
    previdenza. Nel 1925 venne creata l’Opera nazionale per la maternità e l’infanzia (ONMI), con il
    fine di poter disporre, attraverso l’assistenza alle madri, di giovani sani, forti e pronti a combattere.
    Nel 1925 la politica economica venne modificata, accentuando l’intervento dello Stato e la
    dipendenza dell’economia dalla politica. Per conquistare il consenso dei lavoratori e per accrescere
    quello degli strati borghesi, Mussolini istituì l’Opera nazionale dopolavoro, che organizzava il
    tempo libero degli italiani. Vennero inoltre fondate l’Opera nazionale balilla e la Gioventù italiana
    del littorio, per dare ai ragazzi un addestramento paramilitare.
    L'educazione sociologica durante il periodo fascista è un tema piuttosto dibattuto ma poco
    conosciuto dai più: chi lo sperimentò dal suo interno, lasciandoci numerose testimonianze testuali fu
    Roberto Michels di abbiamo accennato nell'introduzione. Nel testo a lui dedicato di Piraino e
    Gregor si legge: "Durante gli ultimi anni della sua vita fu anche incaricato ufficialmente da M.
    Dell'educazione della nuova generazione dell'aristocrazia intellettuale fascista. In sostanza, non
    soltanto la sociologia sopravvisse come disciplina durante tutto il periodo fascista, ma lo stesso
    Michels, come sociologo e fascista, continuò in quel periodo nel suo lavoro e scrisse numerosi testi
    internazionalmente ammirati. La continuità del suo lavoro non fu itnerrotta dall'avvento del
    Fascismo al potere ed anzi, parte della sua fatica fu dedicata proprio all'articolazione della dottrina
    politica del fascismo. Tutto ciò appare anomalo soltanto a coloro che sono convinti che il Fascismo
    e i fascisti fossero attivisti senza idee, scarsi di scienza e di decisioni meditate sistematiche." Il
    consenso fu cercato naturalmente anche in manifestazioni più plateali attraverso riti e cerimonie di
    massa e, soprattutto, attraverso la nascita e la diffusione del culto del Duce, che lui stesso
    alimentava grazie alle sue capacità oratorie nel rivolgersi alla folla. D'altra parte, un altro
    personaggio storico ancora più controverso, condivideva col Duce una certa propensione
    carismatica e una manipolazione delle vicende storiche correnti per un tornaconto personale: stiamo
    parlando ovviamente di Hitler, le cui manovre politiche e sociali, portarono ben presto alla nascita
    del nazismo in Germania. Ecco infatti come ne descriveva le azioni pubbliche I. Kershaw nel suo
    libro Lavorare in funzione del Führer: riflessioni sulla natura della dittatura di Hitler:
    "Chiunque abbia la possibilità di osservarlo sa che il Führer non può certo dettare dall’alto tutto ciò
    che intende prima o poi realizzare. Al contrario, chiunque oggi rivesta un incarico nella nuova
    Germania ha lavorato nel modo migliore quando ha, per così dire, lavorato in funzione del Führer.
    Molto spesso e in campi diversi vi sono stati casi – come pure negli anni passati – nei quali gli
    individui hanno semplicemente atteso ordini e istruzioni. La stessa cosa, purtroppo, potrebbe
    ripetersi in futuro; dovere di ciascuno è però cercare di lavorare in funzione del Führer lungo le
    linee che egli vorrà. Chi commette errori lo capirà molto presto. Ma chiunque lavori veramente in
    funzione del Führer seguendo le sue linee e per i suoi obiettivi, un giorno, oggi o nel futuro,
    certamente avrà la migliore ricompensa in un inatteso riconoscimento ufficiale del suo lavoro. Ma
    vediamo intanto cosa succedeva in quegli anni."
    Ma seguiamo con ordine gli avvenimenti. Dal 1930 al 1933 la Germania fu investita da una crisi
    economica le cui conseguenze, concretizzate in una estesa disoccupazione e in un profondo senso
    d’insicurezza, provocarono la fine della repubblica di Weimar: infatti governarono i cattolici
    Brüning e Franz von Papen e il generale Von Schleicher, senza riuscire a creare stabilità. Vi furono
    perciò frequenti elezioni, che videro una polarizzazione della lotta politica: nelle elezioni del 1932 i
    nazionalsocialisti (NSDAP) divennero il più forte partito tedesco, mentre i comunisti guadagnarono
    voti a spese dei socialdemocratici. L’avanzata dei comunisti intimorì gli ambienti capitalistici, tanto
    che alla fine del 1932 industriali, banchieri e agrari decisero di dare il loro pieno sostegno ad Hitler.
    Il 30 gennaio del 1933, il presidente della repubblica, Von Hindenburg, dovette affidare il
    cancellierato a Hitler.
    Dopo avere conquistato legalmente il potere, Hitler instaurò rapidamente la dittatura, sciogliendo
    partiti e sindacati e internando gli oppositori in campi di concentramento. Il solo partito legalmente
    riconosciuto fu quello nazionalsocialista, la NSDAP, mentre nel 1934 i sindacati furono sostituiti da
    un’associazione di carattere corporativo chiamata Fronte del lavoro. Alla morte di Hindenburg,
    Hitler assunse anche i poteri che fino a quel momento erano stati detenuti dal presidente della
    repubblica. Aiutato da collaboratori come Göring e Goebbels, e utilizzando la Gestapo (polizia
    segreta di Stato), le SS (reparti di difesa) e le SA (squadre d’assalto), realizzò uno Stato fondato sul
    Führer-prinzip, cioè sul «principio del capo». In questo modo venne abolita la struttura federale
    dello Stato tedesco, sostituita da un’altra fortemente accentrata. Con la fondazione della Corte
    suprema per i crimini di alto tradimento nel 1934, in cui la legge perse ogni forma di indipendenza
    dalla politica, la stessa volontà del Führer divenne legge. Nella notte del 30 giugno 1934 (la
    cosiddetta «notte dei lunghi coltelli») le SS, sotto le direttive di Hitler e Himmler, eliminarono molti
    nemici interni. Fra questi vennero assassinati diversi dirigenti delle SA, che per la loro autonomia
    organizzativa e ideologica erano sgraditi a molte autorità del partito. La realizzazione della dittatura
    non riuscì a modificare tutto l’organismo statale, infatti gli apparati burocratici e molti organi
    militari, a causa delle loro profonde radici nella società tedesca, continuarono a detenere un certo
    potere e autonomia. L’ideologia di Hitler, esposta in un’opera scritta nei mesi di prigionia (Mein
    Kampf), era fondata sul nazionalismo, sul razzismo e sull’anticomunismo. Egli si era ispirato, per il
    nazionalismo, alla tradizione culturale tedesca, e per il razzismo a due scrittori dell’Ottocento,
    Joseph Arthur Gobineau e Houston Steward Chamberlain. L’antisemitismo era molto diffuso in
    Germania, infatti numerosi ebrei tedeschi appartenevano alla borghesia benestante e questo
    suscitava rancore e invidia nella popolazione. Questo sentimento venne utilizzato dal nazismo per
    scaricare le tensioni sociali sugli ebrei, accusati di aver ordito una congiura internazionale contro la
    Germania. Tale ideologia trovò il consenso di intellettuali come Carl Schmitt, Martin Heidegger e
    Werner Heisenberg e l’opposizione di altri intellettuali come Thomas Mann, Bertolt Brecht e Albert
    Einstein che emigrarono. Gli oppositori venivano arrestati e internati in campi di concentramento.
    Hitler, nonostante la sua ideologia neopagana e antireligiosa, ebbe inizialmente rapporti distesi con
    le Chiese. Nello stesso 1933 stipulò un concordato con la Chiesa cattolica, in cui venivano garantite
    le libertà di proselitismo e di culto. In seguito le relazioni con il Vaticano si guastarono e nel 1937
    Pio XI pubblicò una enciclica di condanna del nazionalsocialismo. Anche i rapporti con i
    protestanti, dopo alcuni anni, diventarono molto tesi. Nei confronti degli ebrei Hitler prese subito
    provvedimenti legislativi di tipo razziale. Ebbe inizio una persecuzione antiebraica che andava
    dall’esclusione dalle cariche pubbliche all’uso della violenza. Nella «notte dei cristalli» (8
    novembre 1938) le SS devastarono migliaia di negozi, centinaia di sinagoghe e uccisero molti ebrei.
    La caratteristica principale della persecuzione antiebraica nazista fu il modo capillare e minuzioso
    con cui veniva attuata: questa infatti coinvolgeva tutti i livelli della società, compresi gli apparati
    burocratici.
    Sul piano economico e sociale i nazionalsocialisti crearono uno Stato di tipo corporativo: il Fronte
    del lavoro, infatti, riuniva operai e imprenditori, con il dichiarato obiettivo di conciliarne gli
    interessi. In realtà, erano tutelati soprattutto gli imprenditori, ma dopo il 1936, quando venne varato
    il Piano quadriennale, i rappresentanti dell’industria vennero esclusi dalle decisioni politiche.
    Infatti, a partire da questa data l’economia nazionale divenne uno strumento per realizzare le
    aspirazioni politiche e soprattutto belliche del nazionalsocialismo. Molti operai aderirono
    egualmente al nazionalsocialismo, sia perché ritenevano che li avesse salvati dalla disoccupazione,
    sia perché Hitler aveva fatto promuovere una intensa attività assistenziale e di organizzazione del
    tempo libero, sia, infine, per la capacità di persuasione delle tecniche propagandistiche di Goebbels.
    Ad esempio nel 1936 si tenne a Berlino l’XI Olimpiade che fu utilizzata da Hitler per dimostrare a
    tutto il mondo le grandi capacità organizzative del suo regime, nonostante le vittorie imbarazzanti
    dello statunitense di colore Jesse Owens nell’atletica leggera.
    Sul piano economico e sociale i nazionalsocialisti crearono uno Stato di tipo corporativo: il Fronte
    del lavoro, infatti, riuniva operai e imprenditori, con il dichiarato obiettivo di conciliarne gli
    interessi. In realtà, erano tutelati soprattutto gli imprenditori, ma dopo il 1936, quando venne varato
    il Piano quadriennale, i rappresentanti dell’industria vennero esclusi dalle decisioni politiche.
    Infatti, a partire da questa data l’economia nazionale divenne uno strumento per realizzare le
    aspirazioni politiche e soprattutto belliche del nazionalsocialismo. Molti operai aderirono
    egualmente al nazionalsocialismo, sia perché ritenevano che li avesse salvati dalla disoccupazione,
    sia perché Hitler aveva fatto promuovere una intensa attività assistenziale e di organizzazione del
    tempo libero, sia, infine, per la capacità di persuasione delle tecniche propagandistiche di Goebbels.

    CONCLUSIONE


    L'analisi storica di un confronto, seppur sulla lunga distanza e con le dovute precauzioni, tra questi
    due regimi dittatoriali fatta finora, deve spingerci alla riflessione e alla constatazione che non siamo
    ancora usciti nè dal fascismo nè dal nazismo. Secondo il testo Fascismo e Nazismo di Sarubbi:
    "Non si tratta di sapere se l’attuale governo delle destre sia fascista o meno, se lo sia in modo aperto
    o mascherato: si tratta di prendere atto che il fascismo ed il nazismo non sono stati sconfitti,
    estirpati profondamente dalla cultura, dalla politica, dall'economia, dalle religioni. L’ideologia
    fascista e nazista permea ancora la società italiana e la politica mondiale a tutti i livelli e la causa sta
    nel sistema sociale capitalistico che lo ha generato. Sistema che provoca profondi squilibri nella
    società, che è profondamente ingiusto e che attenta profondamente all’equilibro dell’ecosistema e
    alla stessa sopravvivenza dell’umanità perché favorisce non la solidarietà ma l’ingordigia
    individuale, non il rispetto dell’umanità di ognuno ma l’odio per le diversità. Questo sistema oggi
    come negli anni trenta è ancora in profonda crisi che sempre più si caratterizza come “crisi di
    civiltà”. Questo sistema ancora non è stato soppiantato da un nuovo sistema sociale, che l’umanità
    da alcuni millenni insegue e per il quale si sono impegnati e sono morti migliaia di profeti, filosofi,
    politici, uomini e donne di tutti i tempi e di tutte le nazioni. Nel secolo appena passato il nuovo
    sistema sociale a cui aspira l’umanità è stato identificato con il comunismo che, come ideologia
    politica e sociale, ha già alle sue spalle due secoli di vita ma che affonda le sue radici nella notte dei
    tempi. Il fascismo ed il nazismo sono ancora presenti anche perché i partiti socialisti prima e
    comunisti poi, ma anche gli altri partiti democratici facenti capo ad altre correnti di pensiero
    politico o filosofico, non sono stati in grado di sconfiggerlo, innanzitutto sul piano culturale, e oggi
    vivono, complessivamente, una pesante battuta d’arresto non solo in Italia."
    Ma come sempre, il cambiamento richiede una forza interiore non comune a tutti gli uomini, ma che
    potrebbe esistere in tutte le epoche e in tutti i luoghi, con l'unica condizione che coinvolga le masse
    per un fine nobile e lotti contro il benessere presente che ci distrae dai veri valori. Perchè non tutti
    possono viverli, soprattutto, secondo Primo Levi, "Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case,
    Voi che tovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici".
    Considerate, sì, se questo è un uomo.

    M. Piraino, A. J. Gregor, Roberto Michels e l'ideologia del fascismo, Roma, 1979, Volpe, ristampa a cura di M. Piraino, Lulu per la
    "Biblioteca del Covo", 2015, pag. 50.
    I. Kershaw, Lavorare in funzione del Führer: riflessioni sulla natura della dittatura di Hitler, a cura di I. Kershaw, M. Lewin, in
    Stalinismo e nazismo. Dittature a confronto, Editori Riuniti, Roma 2002, p. 139.
    G.Sarubbi, Fascismo e Nazismo, www.ildialogo.org, 2008, pag. 9.
     
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